UNITED FOR RESPECT

Un segnale forte e chiaro. Una ferma condanna verso abusi e molestie. L’impegno a supportare un percorso strutturato di evoluzione, che possa produrre effetti concreti e duraturi nel tempo sul tema del “gender gap” all’interno del settore della comunicazione. Un cambiamento mirato a garantire lo sviluppo di ambienti di lavoro sempre più inclusivi, rispettosi, che permettano a tutte e tutti di esprimere la propria identità, il proprio talento e siano in grado di prevenire e scoraggiare qualsiasi comportamento lesivo della dignità delle persone.

Questa è la missione di United for Respect, il progetto lanciato ieri dai rappresentanti del tavolo inter-associativo formato da ADCI (Art Directors Club Italia), UNA (Aziende della Comunicazione Unite), OBE (Osservatorio Branded Entertainment) e IAB (Interactive Advertising Bureau) con voce unica e decisa dal palco di IF!

Stefania Siani, Presidente ADCI, Barbara Bontempi, Vicepresidente IAB Italia, Laura Corbetta, Presidente OBE e Davide Arduini, Presidente UNA, sono coloro che hanno dato a IF! un volto alle quattro associazioni e assunto la responsabilità di mettersi al servizio del settore per offrire strumenti e per facilitare il cambiamento culturale. Insieme con loro, in questo percorso, le associazioni sono affiancate da due partner di prestigio, rappresentati da Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D e Filippo Muzi Falconi, Partner & CEO di Methodos, che hanno contribuito alla realizzazione della survey per presentare il progetto “United for Respect”, proposta di un percorso che renda gli ambienti di lavoro rispettosi, inclusivi e capaci di valorizzare al meglio le diversità.

Il tavolo inter-associativo, nato a luglio 2023, per attivarsi in modo coordinato e coerente rispetto al tema degli abusi e delle molestie, compie con United for Respect il primo passo di un percorso che si prospetta lungo, perché lunghi sono i tempi dei cambiamenti culturali. Determinanti in questa fase di co-creazione di un programma di cambiamento culturale del settore sono l’ascolto, il coinvolgimento e l’attivazione degli stakeholder.

A IF! le 4 associazioni e i loro partner hanno presentato una survey online compilata in modo anonimo, effettuata tra il 18 e il 25 settembre, con l’obiettivo di mappare la percezione del settore della comunicazione sul tema dell’inclusività e della parità di genere.

In termini di impatto reputazionale e percezione del tema, i risultati evidenziano che il livello di interesse personale dichiarato (8.1/10) risulta essere maggiore del livello di interesse percepito del settore (5.3/10), rivelando un minor interesse e coinvolgimento personale nella presa in carico di azioni che possano generare un reale cambiamento culturale. Approccio confermato anche dalla scarsa propositività dovuta, oltre alla mancanza di riconoscimento e di interesse per il tema, anche all’assenza di risorse per agire. La ricerca registra inoltre situazioni caratterizzate da prevalenza di management maschile, scarso worklife balance e percorsi di carriera lenti per le donne.

Il progetto United for Respect continuerà il suo percorso attraverso lo studio e il rilascio di strumenti utili alle comunità facenti parte il mondo della comunicazione come una carta di principi condivisi, campagne di comunicazione interna, condivisione e scambio di informazioni, supporto alle proprie comunità.

“È innegabile il fatto che il mondo della comunicazione abbia una prevalenza di uomini nelle sue posizioni apicali”, afferma Stefania Siani, Presidente di ADCI. “Credo che quanto stiamo costruendo insieme sia necessario anche per creare una nuova consapevolezza sull’importanza del talento femminile, perché non è accettabile l’idea che il talento abbia genere, età o colore. Il talento è talento e va valorizzato sempre”.

“Attuare un cambiamento richiede tempo, persone e interesse al tema. Spesso ci si chiude in percezioni distorte ed è più rassicurante conservare lo status quo. Questo tavolo vuole mettere a disposizione risorse condivise (formazione, misurazione ecc..), perché muoversi da soli è più difficile e faticoso, un percorso condiviso speriamo possa accelerare il cambiamento”, constata Barbara Bontempi, Vicepresidente di IAB Italia.

“È la prima volta che quattro associazioni si riuniscono e si impegnano a lavorare insieme su temi importanti come l’inclusione e il gender gap”, continua Laura Corbetta, Presidente di OBE. “Siamo qui a prenderci la responsabilità delle associazioni che rappresentiamo ma, anche, per restituire la responsabilità a ciascuno di noi  – perché le associazioni, le aziende, le agenzie sono fatte di persone – e ognuno di noi deve chiedersi, ogni giorno, in quale ambiente di lavoro vuole trascorrere la sua giornata, cosa può fare per renderlo migliore, se è felice e perché…”.

“Non siamo mai stati zitti. Certi comportamenti non sono tollerabili, per questo ci siamo presi la responsabilità di fare qualcosa di concreto”, dichiara Davide Arduini, Presidente di UNA. “Questo è solo il primo passo dei tanti che faremo. Uno dei prossimi passi è la stesura di una carta della comunicazione. Come associazioni unite, in questo tavolo di lavoro, in questo momento storico, abbiamo il compito di educare e facilitare il cambiamento”.

“United for Respect può contare sulla forza del sistema, le associazioni di fatto riuniscono e rappresentano le aziende dei rispettivi comparti e possono davvero portare cambiamento dall’interno unendo le forze e adottando un approccio corale seppur specifico per ciascuna realtà”. Interviene Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D. “Quello che abbiamo imparato sul campo è che è cruciale l’impegno del management e dei CEO in particolare; le persone hanno grandi aspettative nei confronti dei leader e a loro viene richiesto sempre un maggiore impegno soprattutto per quanto riguarda i temi sociali più sentiti, come la condizione di lavoro dei dipendenti e le discriminazioni. Con United for Respect, i vertici delle associazioni possono fungere da moltiplicatore della volontà di cambiamento che, come è emerso, è un sentito bisogno”.

“Spesso lavoriamo con aziende che, tamponano le situazioni senza attuare reali cambiamenti, e questo succede perché manca la governance. Per questo generare cambiamenti culturali richiede tempo. È necessario lavorare molto bene sulle fondamenta”, conclude Filippo Muzi Falconi, Partner & CEO di Methodos.

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