Branded entertainment – Misurare i risultati oltre le visualizzazioni

Cinquecentosessantotto milioni di euro. Questo il valore complessivo del branded entertainment in Italia. Un dato che testimonia la crescita costante del settore, il 14% tra il 2020 e il 2021, con una previsione per il 2022 di un ulteriore +9%. Sia che si tratti di produzioni originali che di integrazioni in progetti già esistenti, sempre più brand ne fanno un framework strategico come confermano i dati presentati in occasione dell’Obe Summit 2022 organizzato dall’Osservatorio Branded Entertainment. A fronte di un interesse e un forte impatto su business e sulla società, a emergere dalla recente ricerca è anche una considerazione: la misurazione dell’efficacia è ancora un tasto dolente e tende a concentrarsi più su visualizzazioni, vendite e accessi al sito che sui temi dell’awareness e dell’advocacy, nonché sulla capacità del brand di integrare i propri valori con quelli dello spettatore. I progetti di branded entertainment sono finalizzati a intrattenere un pubblico in modo coerente sia con i valori e gli obiettivi del brand sia con gli elementi caratteristici della piattaforma che viene utilizzata. Uno dei casi storici è Lego Movie, produzione cinematografica che, animando gli iconici mattoncini, ha creato un immaginario collettivo dove la brand awareness ha fatto da traino a sequel e set Lego dedicati.

I progetti di branded entertainment non sono advertising e, per tale ragione, non vanno trattati allo stesso modo. Questo significa che la misurazione dei risultati deve considerare, per esempio, kpi di awareness e familiarity. Una considerazione, questa, solo apparentemente scontata.

I dati della ricerca sul mercato del branded entertainment 2021/2022 in Italia, condotta da Obe e Bva Doxa in partnership con Rti, dimostrano come aziende che realizzano processi di branded entertainment abbiano più chiari, rispetto agli anni passati, gli obiettivi da raggiungere: mettono al primo posto notorietà di marca, posizionamento e identità e dichiarano di misurare sempre o spesso i risultati delle campagne. Fermi gli obiettivi di base, la misurazione continua a riguardare in forma prevalente analisi delle vendite, share, visualizzazioni e accessi alla pagina web. Ulteriore cartina tornasole è la risposta alla domanda sugli obiettivi che per il 62% del campione sono stati raggiunti solo in parte.

UN SETTORE IN CRESCITA

Il branded entertainment è una strategia rilevante del marketing mix. Questo grazie a una maggiore consapevolezza rispetto alle potenzialità di progetti in grado di coinvolgere il pubblico in modo meno invasivo e più funzionale alla narrazione. Nel 2021, l’80% delle aziende intervistate per la ricerca Obe ha investito in attività di branded entertainment, prediligendo social media, properties digitali del brand e televisione, oltre che puntando su articoli redazionali e programmi di intrattenimento. L’investimento per singolo progetto, guardando al mercato italiano, è mediamente di 100 mila euro e vede la Tv padrona della scena con il 37% del totale del budget investito, seguita dal 22% dei social media e dagli altri mezzi. I progetti di branded entertainment si differenziano in brand integration, in cui ci si inserisce in un contesto preesistente, e original production, dove il progetto è realizzato ex novo, su misura del brand e delle sue esigenze.

 

CHE COSA CONSIDERARE

“Solo visualizzazioni e download per i progetti digitali e share per la Tv non sono sufficienti a comprendere l’impatto sul brand e vanno considerati degli obiettivi diversi rispetto a quelli di un advertising -commenta Anna Vitiello, direttore scientifico di Obe -. Questo anche perché il branded entertainment lavora in modo più lento e si inserisce in una strategia di lungo termine. Ecco perché è riduttivo misurare solo i dati di vendita anche se, come riportato nella ricerca, gli obiettivi che ci si pone sono ben diversi”. Anche a fronte di milioni di visualizzazioni di un video pubblicato sui social o di successi di share, non è detto, per esempio, che vi siano altrettanti alti livelli di riconoscibilità e familiarità. “Misuriamo questo tipo di impatto in maniera continuativa – spiega Erik Rollini, responsabile Obe Insight Hub, consigliere Obe e managing director di Mediacom – suddividendo un campione di intervistati in esposti e non esposti e misurando, tra chi ha visto e non ha visto un determinato programma, l’impatto avuto dal brand protagonista del progetto di branded entertainment, considerando kpi di awareness, brand trust, brand lift, familiarity, advocacy e consideration. Valutare questo tipo di obiettivi e mixarli a visualizzazioni, dati sia di share sia di vendita nel lungo periodo, permette di perfezionare la strategia”.

CURVE DI ESPERIENZA

“Il modo in cui viene costruita l’interazione con il brand determina risultati diversi e questo può accadere anche con la stessa tipologia di contenuti o con lo stesso creator. Se prima -prosegue Anna Vitiello – ci si limitava a semplici placement ora si presta maggiore attenzione al modo in cui viene costruita l’integrazione, al tipo di interazione con i personaggi e al modo in cui questa è inserita nel tessuto narrativo. Comprendere l’andamento dell’integrazione, anche tramite misurazione, significa aumentare al meglio le proprie curve di esperienza”. Diventa fondamentale, anche, la scelta di contesto e frequenza. Se è vero che non esiste un tempo minimo nè massimo per i progetti di branded entertainment, va ricordato come frequenza e continuità siano fattori vincenti. Creare la giusta abitudine, associando un determinato prodotto a un programma televisivo, a un creator e, più in generale, a un contesto, una categoria, rappresenta una scelta strategica. “Qui è fondamentale – specifica Erik Rollini – effettuare un’analisi delle situazioni esistenti e capire se esistono già dei contesti in cui inserirsi, dove introdurre una brand integration partendo da un’audience già presente”.

Per quanto soddisfacente nella creazione e realizzazione e, magari anche nei risultati in termini di visualizzazioni, non è infatti scontato che una produzione originale abbia un impatto più dirompente della brand integration. Una considerazione, questa, da leggersi nell’evoluzione del rapporto tra brand e società e nella crescente necessità dei clienti di trovare una connessione valoriale. Il branded entertainment va inserito all’interno di una strategia di lungo termine, monitorando nel tempo i risultati in termini di equity e integrando i progetti con le altre iniziative di marketing previste per il brand. Il tutto tenendo conto della duplice valenza del branded entertainment: è specchio delle tendenze e occasione per sperimentare nuove opportunità di comunicazione, ma può anche rivestire un ruolo nella costruzione di una società più solidale ed equa.

I progetti di branded entertainment sono in aumento e contribuiscono a migliorare notorietà, fiducia e identità di marca. Non sempre però l’impatto sulla brand equity viene misurato correttamente.

 

Mariella Cortés| @MariellaCortes

Fonte: Mark Up

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